La metodologia utilizzata per le analisi effettuate si basa sull’approccio RST (Robust Satellite Technique) (Tramutoli, 1998, 2005, 2007), una tecnica consolidata per il processamento e l’analisi multi-temporale di dati satellitari per lo studio dei principali rischi naturali e ambientali.
RST si configura come un algoritmo di change-detection, basato sull’analisi, a livello di pixel, di serie storiche (pluriennali) omogenee (nel dominio spazio-temporale) di dati satellitari. L’approccio si basa su una caratterizzazione preliminare del segnale investigato in termini di valore atteso e normale variabilità; questi due valori,
espressi attraverso la media temporale e la deviazione standard, vengono comparati con il segnale misurato al fine di identificare, in maniera automatica, la presenza di anomalie statisticamente significative.
La tecnica prevede l’implementazione di tre step successivi:
Fase I: creazione data-set storico di immagini |
In questa fase viene creato un archivio storico di immagini satellitari relative alla zona di interesse; queste devono essere selezionate in modo da rappresentare condizioni di osservazione quanto più omogenee possibile (nel dominio spaziale e temporale) tra di loro e rispetto all’immagine da investigare.
L’omogeneità nel dominio temporale si consegue selezionando tutte le immagini acquisite da uno specifico sensore nello stesso mese dell’anno e alla stessa ora del giorno, quella nel dominio spaziale si ottiene con una precisa co-locazione delle immagini (esempio in Figura 1 relativo alle acquisizioni MODIS per l’area del mar Mediterraneo per il mese di Giugno);
ciò significa che tutte le porzioni estratte ritraggono la stessa area, hanno uno stesso numero di pixel e linee e ad ogni pixel (x,y) dell’immagine corrisponde sempre lo stesso punto di coordinate (i,j) al suolo.
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Figura 1 - Esempio di data-set storico di immagini
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Fase II: calcolo dei campi di riferimento |
Partendo dal data-set precedentemente costruito, si procede alla caratterizzazione, per ogni pixel non nuvoloso della scena, del valore atteso del segnale investigato V(x,y) in condizioni normali, cioè in assenza di eventi noti o meno in grado di alterare queste condizioni.
Tipicamente, le condizioni normali sono espresse, dal valore della media temporale (µV(x,y)) (esempio in Figura 2a e Figura 2c, rispettivamente per clorofilla e temperatura superficiale del mare), rappresentativo del comportamento del segnale in condizioni imperturbate, e dalla misura dello scostamento naturale del segnale dal comportamento atteso per quelle condizioni di osservazione, espresso tramite la relativa deviazione standard (σV(x,y)) (esempio in Figura 2b e Figura 2d, rispettivamente per clorofilla e temperatura superficiale del mare).
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Figura 2 (a,b,c,d) - Esempio di campi di riferimento
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Fase III: change detection |
Dopo aver definito il comportamento “normale” del segnale in una determinata condizione di osservazione, l'identificazione dell’anomalia avviene attraverso l’implementazione di un
indice di variazione locale definito ALICE (Absolutely Local Index of Change of the Environment); si tratta di una variabile standardizzata che pesa la differenza tra il
segnale misurato e quello atteso con la variabilità storica del segnale stesso in quel punto (Figura 3 - esempio di mappa di ALICE per clorofilla e temperatura superficiale del
mare riferite all’acquisizione MODIS del 7 Giugno 2015 alle 12.20 GMT). In questo senso la metodologia RST è robusta, in quanto riconosce come anomalo solo il pixel per il quale
la deviazione tra il segnale misurato e quello di riferimento (µV(x,y)), che definisce lo stato imperturbato, è significativamente maggiore della variabilità storica del
segnale misurato (σV(x,y)).
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Figura 3 - Esempio di mappe di ALICE per a) Chl-a e b) SST
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